Cosa cambia con la regolamentazione dei Big Tech ⚖️
I tentativi di regolamentazione delle aziende tech e gli investimenti in startup italiane nei primi 6 mesi del 2022
Ciao, bentornato su Technicismi! La scorsa settimana sono stato a Tel Aviv e ho scoperto una città fantastica, una specie di San Francisco del middle east. Mancavano solo i taxi senza conducente…
- Riccardo
🚀 La storia della settimana
Un futuro regolamentato in EU 🧑💻
Il Parlamento europeo ha dato il via libera al pacchetto unico digitale, ideato per contrastare l'abuso di posizione dominante delle Big Tech sui mercati e che impone ai cosiddetti “gatekeeper”, cioè alle aziende che controllano l'accesso ai mercati digitali detenendo una posizione economica di intermediazione molto forte, una maggiore responsabilità.
Il pacchetto riunisce il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA) proposti dalla Commissione europea nel dicembre 2020. Tra le aziende che verranno colpite da queste norme ci sono soprattutto i grandi player che di fatto sono in controllo di internet: Google, Meta, Amazon e Apple. Secondo quanto previsto dal DMA, i gatekeeper potrebbero essere tenuti a:
Consentire agli utenti di installare applicazioni da app store di terze parti
Offrire sistemi di pagamento di terze parti nelle app
Integrare le proprie app e i propri servizi digitali direttamente con quelli di altri servizi (per esempio, potresti essere in grado di inviare un messaggio di un’app di messaggistica minore all’interno di WhatsApp)
Garantire spiegazioni su come funzionamento alcune tecnologie (come i meccanismi di autenticazione attraverso i dati biometrici degli utenti)
Dare agli utenti la possibilità di annullare l'iscrizione ai servizi in maniera semplice
Condividere i propri dati (compresi quelli relativi all’advertising) con servizi di terze parti (e concorrenti)
Informare la Commissione Europea di eventuali piani di fusioni e acquisizioni
La DMA mira inoltre a garantire che i gatekeeper non possano più:
Preinstallare app e software e richiedere agli utenti di utilizzare servizi software predefiniti (per esempio non potranno più chiederti di impostare Chrome come browser predefinito)
Riservare ai propri prodotti, app o servizi un trattamento preferenziale o classificarli più in alto rispetto a quelli dei concorrenti (hai presente i prodotti Amazon Basics in cima alle classifiche di ricerca sulla piattaforma?)
Utilizzare dati privati raccolti in un’app per erogare un servizio personalizzato su un’altra app
Le aziende che ignoreranno queste regole rischieranno multe fino al 10% del fatturato mondiale annuo o, in caso di violazioni ripetute, addirittura il 20%. Nel caso in cui i gatekeeper commettano "violazioni sistematiche", la Commissione europea potrà imporre ulteriori sanzioni e, per esempio, obbligare l’azienda a vendere una società del gruppo (per esempio Meta potrebbe essere costretta a vendere Instagram) o vietare determinate acquisizioni.
Al di là dell'Unione Europea, negli ultimi anni le grandi aziende tech sono state più volte richiamate all’ordine da parte dei governi di tutto il mondo (Stati Uniti, Australia, Regno Unito, Corea del Sud, …) ma, fino ad oggi, hanno resistito spesso adeguandosi al pagamento di multe piuttosto che piegandosi al volere delle autorità garanti del mercato e dei consumatori. Ma ora le cose si stanno facendo più serie: Margrethe Vestager, che sentii parlare proprio di questi temi all’inaugurazione dell’anno accademico nel 2018 in Bocconi, ha già istituito una task force che si assicuri che le grandi aziende seguano queste indicazioni.
Il Pacchetto Servizi Digitali deve ora essere semplicemente adottato dal Consiglio Europeo prima di entrare in vigore in autunno. E quando succederà, Internet potrebbe cambiare per sempre!
📈 Il grafico della settimana
Abbiamo appena superato la metà dell’anno. E sono già arrivati i dati relativi agli investimenti in startup italiane nei primi sei mesi del 2022. In effetti le cose sembrano essere andate nella incoraggiante direzione che si era già delineata l’anno scorso.
Tra aprile e giugno del 2022, l’Osservatorio Growth Capital ha infatti registrato investimenti nel Venture Capital italiano superiori ai 550 milioni di euro. In totale, quindi, nella prima metà dell’anno gli investimenti in startup hanno quasi toccato il miliardo di euro (con un aumento del 30% rispetto ai 6 mesi precedenti e addirittura del 46% se consideriamo lo stesso periodo di riferimento nel 2021). Ma i finanziamenti non sono l’unico indicatore positivo: un incremento (+11,8%) c’è stato anche nel numero di operazioni: 104 oggi, rispetto alle 93 del 2021.
In termini di settori più caldi, c’è sicuramente quello delle Smart Cities, del Biotech, del Software, Tecnologie Green, Fintech e Food and Agriculture. Tra i round più interessanti, invece, c’è il megaround di ScalaPay di €440M (+ altri €25,6M), il Series A di Newcleo (€300M), il seed di Vedrai (€40M) e quello di Young Platform ($16M).
Ampliando lo sguardo, a livello europeo sono stati investiti €25,4 miliardi di cui €8,5 miliardi solamente in UK. Segue la Francia con €4,7 miliardi e la Germania con €2,8 miliardi. Tra gli investimenti più grossi c’è quello della fintech londinese Checkout.com che ha toccato il miliardo di euro.
Tuttavia le cose nelle ultime settimane stanno cominciando a cambiare. A causa della guerra, dell'inflazione e delle politiche monetarie più restrittive per combatterla nei mesi di Marzo e Aprile si sono registrati dei cali evidenti nel numero di round (-39% rispetto all’anno precedente). Contemporaneamente, molte startup hanno cominciato ad annunciare licenziamenti, un blocco degli investimenti e nuovi round di investimento che abbassano la propria valutazione. È il caso di Gorillas, che nei giorni scorsi ha ufficializzato il licenziamento di più di 500 persone e la chiusura del mercato italiano. O quello di Klarna, la startup di maggior valore in Europa, che sta chiudendo un nuovo round di investimento che porterà il suo valore di mercato da 46 miliardi di dollari a 6,5.
Se fino a qualche tempo fa gli investitori erano disposti a investire miliardi di dollari in startup con business model non sostenibili nel breve termine, ora preferiscono soluzioni più sicure e valutazioni delle aziende più contenute.
Per scoprire come sarà andata la seconda metà dell’anno, ci risentiamo qui su Technicismi tra 6 mesi!
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