L'innovazione in Europa, il quantum computing e un nuovo modello di piattaforma
E poi, i consigli della settimana
Ciao, settimana di grande ispirazione. Sono appena rientrato da Austin, in Texas, dove ho partecipato al SXSW, probabilmente la più grande conferenza tech del mondo.
Negli ultimi anni ho partecipato a diversi eventi tech in Europa, tra cui il Web Summit a Lisbona, ideale per chi fa o vuole fare startup, il Plan ₿ Forum a Lugano, interamente dedicato alla “rivoluzione” Bitcoin, e l’Italian Tech Week, che riunisce tutto il settore business / digital italiano in un enorme momento di networking.
Il SXSW, però, è qualcosa di completamente diverso.
L’evento nasce come festival cinematografico e musicale, ma dal 1999 include una sezione “interactive”, focalizzata sull’impatto delle nuove tecnologie sulla cultura. Il livello degli speaker è altissimo (ieri c’era un panel di Michelle Obama) e ogni sessione trasmette un’incredibile dose di ispirazione. La sensazione è che non ci sia spazio per nomi o temi scelti solo sull’onda dell’hype del momento. È tutto molto coerente e razionale: gli americani, come sempre, “lo fanno meglio”.
Ho anche rivisto Ale (che 4 anni fa mi ha assunto in Will dopo aver letto questa newsletter) e conosciuto la sua cofounder Olly, ora impegnati con la loro nuova azienda.
Mi servirà un po’ di tempo per mettere in ordine i pensieri e organizzare le 4.267 parole di appunti che ho preso nelle note dell’iPhone (idee su creator economy, AI, nuove tecnologie, crypto, consigli di crescita, etc). Lo faremo in un episodio “extended” del podcast Actually che uscirà nei prossimi giorni (nel frattempo, puoi ascoltare gli episodi che Riccardo Haupt ha registrato con Andrea Guerra, per parlare di management e imprese italiane, Diego Piacentini, con una riflessione sul divario tech tra Europa e USA, e Raffaele Coriglione, sul rapporto tra dazi e finanza).
Qui sotto, invece, trovi tre riflessioni / macrotemi di cui si sente parlare sempre più spesso e che sono stati centrali anche durante i panel del SXSW.
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Iniziamo!
- Riccardo
Geopolitica: l’alba di una nuova Europa?
Raffi, ormai resident guest nei nostri episodi di Actually, l’aveva detto nelle predictions che avevamo fatto all’inizio dell’anno: il 2025 sarà l’anno dell’Europa. In questi giorni, in effetti, in molti ne stanno parlando: Bloomberg ha titolato “la migliore settimana dell’Europa degli ultimi decenni”, l’FT “il ritorno del mercato azionario europeo”, l’Economist scrive “Donal Trump ha risvegliato il whatever it takes europeo”.
E in effetti, anche al SXSW non si parlava d’altro. Tutto il ragionamento parte da questa incredibile slide di Scott Galloway (che ha dedicato all’Europa la sua ultima newsletter): la spesa in ricerca e sviluppo delle 7 aziende tech a maggior capitalizzazione è superiore a quello di UK, Francia, Italia e Spagna.
Ripeto: la spesa in ricerca e sviluppo delle 7 aziende tech a maggior capitalizzazione è superiore a quello di UK, Francia, Italia e Spagna.
Ma, mentre le Big Tech affrontano nuovi problemi (ne parliamo meglio sotto), l’Europa ha l’incredibile opportunità di reagire agli ostacoli che hanno causato anni di depressione (eccessiva regolamentazione, calo della produttività, bassi investimenti, divisione politica etc).
La risposta è ReArm EU, il piano presentato da Ursula von der Leyen che potrebbe mobilitare €800 miliardi per la difesa.
Un report del Kiel Institute mostra che il prodotto interno lordo (PIL) potrebbe aumentare dallo 0,9% all'1,5% all'anno se i governi aumentassero la spesa annuale per la difesa dall'obiettivo NATO del 2% al 3,5% del PIL e passassero dall'acquisto di armi progettate e prodotte principalmente negli Stati Uniti a innovazioni nazionali.
Ma non solo: se guardiamo alle principali aziende tech americane, queste sono nate da spillover del settore militare, riproponendo tecnologie sviluppate per la difesa. Il piano ReArm Europe è un’enorme opportunità per sviluppare anche dalle nostre parti le tech company del futuro
Dopo aver analizzato l’incredibile opportunità europea, in una registrazione del podcast Pivot live, Kara Swisher ha riassunto invece gli ostacoli che gli USA devono affrontare in futuro con una frase che, sentita dalle nostre parti, sembra assurda: uno dei problemi degli Stati Uniti è l’eccesso di laureati in Computer Science. Il Paese sta producendo troppi Mark Zuckerberg e troppi pochi meccanici.
Ognuno insomma ha i propri problemi. Ma la minaccia di Putin (e della Cina?) a destra e un’amministrazione totalmente imprevedibile a sinistra potrebbero davvero far risvegliare l’orgoglio europeo.
Come dice Scott “la cattiva notizia è che l'UE non può più contare sugli Stati Uniti. La buona notizia è che potrebbero non averne bisogno”.
Tecnologia: L’AI ormai è il presente. Ora è il momento del Quantum
Jason Calacanis (che per molti aspetti mi ricorda Montemagno) ha spiegato, in una conversazione con Bill Gurley, leggendario investitore della Silicon Valley, cosa significa davvero per le aziende essere “AI powered”. Durante il Web 1.0, per lanciare un’azienda servivano almeno $5 milioni. Con il Web 2.0, quella cifra è calata drasticamente, ne servivano $250 mila. Oggi, invece, grazie all’AI, puoi arrivare a un fatturato di $10 milioni con un team di 10 persone e $0 di investimento iniziale.
Dall’altra parte dell’oceano, le cose funzionano già così. Gli investitori non puntano sulle aziende AI solo per l’hype attorno a quelle due lettere (AI), ma perché un’azienda che, grazie all’intelligenza artificiale, non ha bisogno di ulteriori round di finanziamento (o è in grado di passare direttamente da un pre-seed a un round molto più grande) presenta molti meno rischi (e grandi opportunità) per chi investe il capitale.
Ma andiamo oltre. In questo momento il settore AI gira intorno a due principali player: NVIDIA e OpenAI.
OpenAI, in particolare, è stato il catalizzatore dell’“AI moment” con il rilascio di ChatGPT. Da quel momento, si è iniziato a parlare ovunque di AGI (cioè di un’AI capace di comprendere, apprendere e svolgere qualsiasi compito intellettuale che un essere umano può eseguire) e di quanto le aziende che sviluppano LLM (Large Language Models) siano vicine a raggiungerla.
Amy Webb, CEO del Future Today Institute e vera rockstar del SXSW, ha offerto una prospettiva a cui non riesco a smettere di pensare: l’AGI non può esistere senza i robot. Proprio come l’intelligenza umana non è completa senza il nostro corpo, l’AI avrà bisogno di un supporto fisico.
E l’azienda che per prima svilupperà l’AGI, sarà quella che vincerà la corsa all’AI. Forse è per questo che tutte le grandi tech company, in particolare Tesla e Meta, stanno investendo così pesantemente nella robotica.
Ma, lasciando da parte l’AI, che rappresenta più il presente che il futuro, al SXSW si è dato enorme spazio al quantum computing. Nonostante abbia seguito tante sessioni dedicate, non ho ancora capito fino in fondo gli aspetti tecnici di questa tecnologia. Ci sono però 3 punti su cui tutti sembrano concordare:
La tecnologia è ancora molto acerba e commette troppi errori per essere affidabile (non lasciatevi ingannare dai roboanti annunci delle Big Tech). Per essere considerata accettabile, dovrebbe fare un errore ogni milione di calcoli; ad oggi, il sistema più avanzato ne fa uno ogni mille. Eppure, tutti concordano che entro 4 o 5 anni questa tecnologia troverà le prime applicazioni.
Se l’AI impara dalla realtà, il quantum computing la spiega e riesce a prevedere il comportamento della natura, fornendo risposte a domande estremamente complesse che oggi rimangono irrisolte (ad esempio sul funzionamento dell’Universo). Quantum e AI saranno tecnologie complementari.
Il funzionamento del quantum computing è esattamente opposto a quello del computing tradizionale. Nessuno prevede che il quantum computing possa sostituire il computing “classico” (quello che alimenta tutti i dispositivi tecnologici che ci circondano), ma sarà in grado di risolvere alcuni paradossi del computing tradizionale, migliorando le performance dei nostri dispositivi.
Business model: un’alternativa alle Big Tech
Questa è probabilmente la cosa che mi ha stupito di più. Di solito le Big Tech sono le principali sostenitrici delle conferenze tech nel mondo. Al SXSW, invece, non sono le benvenute: l’unica presenza simile a una Big Tech era YouTube, relegata però in un angolino all’ultimo piano della fiera, lontano da tutto (nonostante questo, i panel organizzati da YouTube erano sempre affollatissimi).
La persona più vicina a un rappresentante delle Big Tech è stata Priscilla Chan, oggi a capo dell’associazione filantropica fondata insieme a suo marito Mark Zuckerberg. Anche in questo caso, le era stata assegnata una sala “minore” e, sebbene fosse in conversazione con Emily Chang, giornalista di Bloomberg e amica personale dei Zuckerberg-Chan, le domande che le sono state rivolte erano belle dirette: le è stato chiesto di giustificare la loro partecipazione all’inaugurazione di Trump, l’eliminazione dei programmi di diversità e inclusione nell’associazione, etc…
Ma torniamo al punto: la quota “piattaforme social” è stata dedicata a due donne, a capo di due piattaforme che fanno la battaglia per un internet diverso: la presidente di Signal, un’organizzazione no-profit che sviluppa un’app di messaggistica totalmente criptata, e la CEO di Bluesky, la principale alternativa a X.
La prima ci è andata pensante contro le Big Tech (che controllano totalmente i nostri dati, le nostre conversazioni, i nostri pensieri, desideri e momenti di debolezza).
La seconda, invece, ha raccontato di un modello di piattaforma “aperta” davvero interessante: Bluesky ha creato un sistema completamente open source, che significa che chiunque può costruire la propria versione di Bluesky, riprendendo le “dinamiche” sviluppate dalla piattaforma originale. Questo dà all’azienda un forte incentivo a rendere la piattaforma il miglior posto possibile per gli utenti: in qualsiasi momento, infatti, questi potrebbero decidere di migrare verso un altro spazio senza perdere la “storia” che hanno creato su Bluesky (e in particolare i follower e il proprio feed).
Le Big Tech, al contrario, hanno creato dei “walled garden” che non le spingono a innovare. Oggi lasciare Instagram ha un costo altissimo (passare a un’altra app significherebbe ricostruire da zero i propri feed e la base di follower) e questo permette alla piattaforma di limitarsi al minimo indispensabile per restare utilizzabile.
✍️ Il weekly mix
Cose da leggere
Tesla ha bisogno di un nuovo storytelling [The Atlantic]
Due ragioni per essere ottimisti sull’economia… [The New York Times]
Cose da ascoltare
Perché Trump potrebbe volere un dollaro più debole [FT News Briefing]
Come NON investire [Prof. G]
Perché ReArm Europe è un’opportunità per l’Europa [Don Chisciotte]
Cose da guardare
Su cosa si regge davvero l’economia italiana? [Will Media]
Ben Horowitz (a16z): i veri leader prendono le scelte più complicate [Big Think]
Tim Cook è un genio della politica? [Tech Altar]
L'ascesa di Nvidia nell'era dell'AI [FT Film]
Questo episodio di Technicismi è finito. Ogni settimana, all’interno di questa newsletter troverai una raccolta di tutto quello che ho letto, guardato, ascoltato, imparato ogni settimana.
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Articolo molto interessante, grazie per il riassunto.
La discussione sulla difesa in EU, e sugli annessi investimenti, non sembra cogliere il punto della situazione. Il cambiamento geopolitico avviene a prescindere da quello che l’Europa farà.
L’unica decisione che l’Europa ha al momento è decidere che tipo di presenza avrà nel nuovo mondo: sarà una forza attiva, oppure subirà assivamente quello che le accade intorno?
Abbiamo visto una mancanza di proattività dove ha portato l’Europa oggi: Draghi è stato abbastanza eloquente al riguardo esclamando <do something!>. Si spera che l’Europa sia in grado di imparare dagli errori pregressi.