Hey, oggi è tornato The Review, la rubrica in cui una volta al mese Francesco Marino (Pillole di Futuro Presente) commenta un long read o un articolo interessante su uno dei grandi temi del nostro tempo. Ieri su Actually abbiamo raccontato da dove arriva l’idea di un ban a TikTok in USA. Qui, invece, parliamo delle conseguenze di una decisione storica come questa!
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- Riccardo
🔎 The review
di Francesco Marino (Pillole di Futuro Presente)
#KeepTikTok. Negli Stati Uniti, in questi giorni, c’è un hashtag da 68 milioni di visualizzazioni in 7 giorni. È una sorta di chiamata alle armi: arriva direttamente dall’account ufficiale @tiktokcreators.
“Una chiusura di TikTok – si legge nella caption - metterà a tacere la tua creatività. Condividi un video utilizzando l'hashtag #KeepTikTok che esprime ciò che TikTok significa per te”.
La storia è nota. Mercoledì scorso, alla Camera degli Stati Uniti è passato un disegno di legge che potrebbe portare al divieto per TikTok di operare nel Paese. È una sorta di ricatto: per continuare a funzionare negli USA, la piattaforma dovrebbe uscire dal controllo della cinese ByteDance.
È ancora presto, tuttavia, per capire cosa succederà: manca ancora il voto al Senato, previsto per il prossimo mercoledì. E c'è il precedente del Montana, il primo stato americano a bannare TikTok, il cui provvedimento è stato bloccato da un giudice federale prima che potesse entrare in vigore.
Accanto all’hashtag, TikTok ha invitato gli utenti a protestare chiamando il proprio rappresentante al Congresso. Secondo il New York Times, in poco tempo linee di Capitol Hill si sono intasate di telefonate. Giovedì, le proteste si sono spostate direttamente a Washington: un gruppo di creator e utenti ha manifestato davanti alla sede del Congresso.
Questa storia è una storia di geopolitica, di interessi strategici e commerciali, di una battaglia tra due delle più grandi potenze mondiali.
Ma è anche una storia di come i social network rappresentino, per un numero crescente di persone nel mondo, un monopolio. Un monopolio dell'accesso al mondo, un monopolio della rappresentazione della realtà, un monopolio dell'espressione di sé stessi/e e della propria creatività.
E di come, quindi, sia difficile immaginare la propria vita senza la piattaforma che, più di ogni altra, ha tracciato i confini dell’espressione sui social network negli ultimi 5 anni. Una piattaforma che, secondo un report commissionato dalla stessa TikTok a Oxford Economics , vale nei soli Stati Uniti 14,7 miliardi di dollari di entrate per i proprietari di piccole imprese nel 2023, con un contributo di 24,2 miliardi di dollari al prodotto interno lordo degli USA lo scorso anno.
Cosa succede se tutto questo scompare? Ecco, la risposta a questa domanda amplia lo spettro delle considerazioni. Non succede nulla, secondo alcuni. Del resto, il monopolio è dei social network, non di un social network.
“Agli americani – scrive The Atlantic – TikTok non mancherà”. “YouTube, Instagram e Snapchat - sottolinea la giornalista Kate Lindsay -, hanno tutti risposto all’ascesa di TikTok creando i propri feed video a scorrimento infinito, verticali e controllati da algoritmi”.
È un po’ quello che è successo in India, la prima nazione al mondo a vietare la piattaforma di ByteDance. Qui, come racconta un pezzo comparso all’inizio dello scorso anno su Rest of World, l’impatto del divieto è stato pressoché nullo. Anzi, i veri vincitori sono stati Instagram e YouTube, che con Reels e Shorts hanno colmato il vuoto lasciato da TikTok.
E se fosse proprio questo l’obiettivo dei legislatori americani?
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