Ed eccoci qui! La nuova stagione 2024 di Technicismi è ufficialmente iniziata. Dopo alcune settimane davvero dense, ho fatto il pieno per ripartire alla grande: sarà un anno fantastico!
Oggi inauguro anche una collaborazione con Pictet Asset Management, che ogni mese curerà una nuova sezione “I finanzismi” con curiosità provenienti dal mondo della finanza (se sei interessato a sponsorizzare questa newsletter, trovi tutte le info qui)! E poi, come avevo anticipato qui, nelle prossime settimane troverai tante novità.
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E ora partiamo!
- Riccardo
🚀 The Update
Poco più di un anno fa, scrivevo qui su Technicismi un approfondimento interamente dedicato a Netflix e alle sfide che si sarebbe trovata ad affrontare nel corso del 2023:
L’azienda usciva da un 2022 che era stato il peggior anno, dal 2011, in termini di crescita degli abbonati e in cui, per la prima volta, aveva addirittura annunciato un calo di subscriber
Aveva appena cambiato leadership, con l’uscita di Reed Hastings e l’insediamento dei co-CEO Ted Serandos e Greg Peters
Avrebbe dovuto affrontare una concorrenza spietata da parte delle altre piattaforme di streaming
E pure quella di altri soggetti, come TikTok (sulla cui piattaforma nel 2022 gli utenti trascorrevano più di 24 ore al mese e i cui soli ricavi pubblicitari erano già superiori ai ricavi totali di Netflix) o YouTube (il servizio in USA con il maggior numero di spettatori rispetto a qualsiasi altra rete o piattaforma: più persone stanno guardando una pubblicità su YouTube in questo momento di quante abbiano mai visto una pubblicità su Netflix…)
Ah, e come se non bastasse, di fronte a sè aveva un anno totalmente imprevedibile dal punto di vista macroeconomico
Nonostante tutto questo, come ha scritto The Ringer, “il 2023 è stato l’anno in cui Netflix ha dimostrato, ancora una volta di saperci fare come nessun altro”: gli ultimi dati relativi ai risultati finanziari, riportavano un:
aumento di 8,76 milioni di abbonati nel terzo trimestre del 2023, la crescita più alta dal secondo trimestre 2020 (quando aveva aggiunto 10,1 milioni di abbonati)
un’esplosione del piano che supporta la pubblicità, che cresce del 70% trimestre su trimestre (i dati assoluti ancora non li hanno condivisi)
Ah e poi, seppur sia solo una vanity metrics, un record di candidature agli Oscar con i propri show originali
Sembra passato un secolo da quando sembrava che l’arrivo di altre piattaforme, come Prime Video o Disney+ avrebbero potuto cambiare tutto. Per Amazon l’obiettivo era creare show per le demografiche di utenti meno attive sul suo e-commerce, avvicinandole in questo modo alla “galassia Amazon” (da lì è un attimo cominciare ad acquistare su Amazon, e soprattutto cominciare a essere esposti all’adv, un business che nel 2022 ha generato $38 miliardi per l’azienda, con una marginalità superiore al 50%).
Per Disney, invece, lo sviluppo di una piattaforma proprietaria per la distribuzione dei contenuti rendeva perfettamente integrata la catena del valore e avrebbe permesso di sfruttare al massimo la proprietà intellettuale di un singolo titolo: un nuovo film della Marvel, dopo essere distribuito su DIsney+, per esempio poteva diventare oggetto di merchandising, il tema di una nuova giostra a Disneyland etc…
In questo caso, però, le cose non sono andate come previste: Disney è sotto attacco degli short seller, ha recentemente licenziato 7k persone e Disney+ è un buco nero che ha perso più di $1,6 miliardi dalle attività di streaming nei primi nove mesi del 2023 (a fronte di un aumento di soli 8 milioni di abbonati).
Ma, ora, le cose stanno cambiando ancora una volta: innanzitutto l’obiettivo, ormai da più di un anno, non è più quello di “crescere crescere crescere” ma piuttosto avere un EBITDA positivo, diventare profitable.
E poi c’è il tema dell’affollamento del settore. Questi sotto sono dati che indicano quali piattaforme i consumatori sono più propensi a utilizzare: e in Netflix, seppur saldamente al primo posto (con una quota oltre il 17%), sta continuando a diminuire (un anno fa era a 18,2%) e Max e Hulu, rispettivamente al 15,4% e 15,3%, sono sempre più vicine.
In questo contesto, le soluzioni individuate dalle piattaforme sono 3:
abbassamento dei costi: che sta portando a ristrutturazioni e licenziamenti
aumento dei ricavi per abbonamento: le piattaforme alzano i prezzi o creano nuovi piani introducendo la pubblicità in piattaforma (che il founder di Netflix Reed Hastings ha sempre rifiutato ritenendola il discrimine tra Netflix e “gli altri”)
aumento degli iscritti attraverso l’aumento dell’offerta di contenuti:
Acquisendo anche gli show dei propri concorrenti: le piattaforme hanno interesse a rientrare più velocemente degli investimenti giganti sui propri show originali (Netflix spende circa $17 miliardi all’anno) e quindi paradossalmente concederli pure ai propri concorrenti, eliminando il vantaggio competitivo
Esplorando anche una nuova offerta: Netflix, per esempio, ora sembra voler puntare sullo sport (come prima di lei hanno già fatto altre piattaforme, come Amazon Prime), prendendo in licenza il wrestling della WWE
Ma questi cambiamenti stanno rivoluzionando il funzionamento delle piattaforme. Come ha scritto The Verge, Netflix e gli altri ora hanno i film e le serie tv, hanno la pubblicità (che avevano detto che non avrebbero mai inserito) e hanno lo sport (che avevano detto che non avrebbero mai inserito).
Lo streaming, e in particolare Netflix, si sta trasformando nella vecchia televisione?
🔥 Le news della settimana
È arrivo l’Apple Vision Pro. Le prime recensioni ne parlano davvero bene (qualcuno si è già dimenticato del Quest di Meta), Tim Cook si è beccato una copertina iconica di Vanity Fair e per la strada si respira già un po’ di futuro. È il primo vero dispositivo presentato dall’Apple Watch di 9 anni fa (in 9 anni Jobs concepì iPod, iPhone, iPad) ma nonostante questo il titolo in Borsa è aumentato di 15x soprattutto grazie al focus sui servizi (che hanno, naturalmente, marginalità molto più alte). Ora però le cose stanno cambiando: nell’ultimo trimestre, nonostante le vendite record di iPhone (che per la prima volta ha superato Samsung) e l’aumento dei ricavi dei servizi (+11%), le revenues sono aumentate solo del 2%. Vision Pro (e l’AI) daranno nuovi impulsi all’azienda?
Durante la settimana, i CEO di Meta, TikTok, Snap, Discord e X sono comparsi di fronte al senato USA per parlare dei rischi delle piattaforme sui minori. Ne sono saltate fuori alcune scene davvero terribili, tra cui il momento in cui Mark Zuckerberg viene accusato di “avere le mani sporche di sangue”, quello in cui lo stesso Zuckerberg si scusa con i parenti dei minori che si sono tolti la vita o quello in cui un Senatore cerca di accusare, senza alcuna ragione, il CEO (originario di Singapore) di TikTok di essere cinese o di avere legami con la Cina. Come dice Casey Newton, probabilmente stiamo cadendo nella trappola del “techno-solutionism”. Ne ho parlato ampiamente con Riccardo Haupt nell’ultimo episodio di Actually
Nel frattempo Meta macina risultati incredibili: negli ultimi tre mesi i ricavi totali hanno superato i $40 miliardi, in aumento del 25% rispetto all’anno scorso. All’orizzonte, però, i Reality Labs, la divisione che si occupa di realtà virtuale (metaverso) prevede di perdere, nel 2024, più di quanto abbia perso nel 2023 ($16 miliardi). Ma questo non spaventa gli investitori e il titolo in Borsa è aumentato del 20% in una settimana (la più grande creazione di valore in un giorno per un titolo quotato)
Non si sa molto di più ma pare che NeuraLink abbia installato il primo dispositivo su un essere umano. L’obiettivo dell’azienda è sviluppare nuove interfacce neurali, cioè sistemi per mettere in comunicazione diretta il cervello con un dispositivo esterno, come un computer
Apple ha annunciato l’arrivo, entro marzo, del sideloading su iPhone, cioè la possibilità di installare app provenienti da store alternativi (per esempio il Google Store o l’Epic Games Store). In questo modo l’azienda si adegua al Digital Markets Act dell’Unione Europea, iniziativa che, secondo il comunicato di Apple, “apre nuove strade a malware, frodi e truffe, contenuti illeciti e dannosi e altre minacce alla privacy e alla sicurezza” (di base è vero ma, per come è costruito oggi il sistema operativo, è molto improbabile). Apple in questo modo dovrà anche rinunciare al 30% di commissione su tutti i pagamenti che avvengono all’interno delle app e per questa ragione ha introdotto un nuovo meccanismo e nuove fee che, però, disincentivano la pubblicazione di app in Europa.
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🏦 I “finanzismi” del mese
Ti sei mai chiesto perchè il prezzo del petrolio si misura in "barili"?
L'uso del "barile" come unità di misura. ha radici storiche negli Stati Uniti del 19esimo secolo, quando in Pennsylvania venne inaugurato il primo pozzo petrolifero del mondo.
All’epoca, il petrolio veniva estratto dai pozzi e trasportato in botti di legno (le stesse usate per birra, vino, whisky o olio) aventi una capacità di 42 galloni americani, che equivalgono a circa 159 litri, dimensioni pratiche che consentivano di trasportarli facendoli rotolare sul terreno o su assi per caricarli su carri, treni e navi.
Nel corso degli anni, l'industria del petrolio si è evoluta, integrando barili di nuove dimensioni e materiali, più comodi e meno costosi, ma è rimasto l'uso del barile come unità di misura.
Chiaramente, oggi non esiste un barile fisico standard in cui il petrolio venga effettivamente conservato. Le aziende petrolifere utilizzano serbatoi di stoccaggio o container di dimensioni variabili per immagazzinare il petrolio, che non è "venduto" in barili, ma è "prezzato" al barile, che rappresenta una misura nozionale.
In sintesi, il barile è diventato una convenzione internazionale nell'industria del petrolio. Nonostante le trasformazioni del mondo moderno e dell'industria, il barile è un perfetto esempio di come la storia influenzi ancora il presente.
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Chris Dixon, partner in A16Z, nel podcast di Casey Newton per parlare dello stato di salute delle criptovalute
Un report di Beehive, una delle startup media più interessanti (nata da ex dipendenti di Morning Brew sulla scia di Substack), sullo stato di salute delle newsletter
Marcello Ascani, ormai lo sai, è uno dei miei YouTuber preferiti. Oltre alla serie “Imbucato da” che ho linkato tante volte qui su Technicismi, da qualche anno ha creato un nuovo format in cui racconta con trasparenza guadagni, investimenti, etc. Questa settimana ha sparato un tema caldissimo: “quante tasse pagano gli influencer”?
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Il report del Fondo Monetario Internazionale sull’impatto dell’AI sui lavori a livello globale. Spoiler: l'intelligenza artificiale impatterà quasi il 40% dei posti di lavoro, sostituendone alcuni e complementandone altri
Per oggi è tutto! Se sei interessato a sponsorizzare gli episodi di questa newsletter, trovi tutte le informazioni qui
Ottima idea